Le Regioni Autonome della Costa Atlantica
Un piccolo paese del Centro America, il Nicaragua, una terra di 131.847 km² incastonata tra l’Honduras e la Costa Rica e bagnata dall’Oceano Pacifico e dall’Oceano Atlantico. Secondo le stime del 2001 la popolazione nicaraguense si aggira intorno ai 4.918.000 abitanti, tra bianchi, meticci (nota 1), neri e mulatti e popoli indigeni.
La forma di governo del Nicaragua è la Repubblica Presidenziale. L’attuale presidente è Daniel Ortega (spagnolo, inglese), entrato in carica nel gennaio 2007 a seguito delle elezioni del Novembre 2006.
Del suo passato il Nicaragua conserva ancora i segni; nei suoi luoghi, nella sua gente, nella sua cultura. Terra di conquista per gli spagnoli nel corso del 1500, obiettivo di occupazione da parte del governo statunitense per mantenere il controllo sul Centro America a partire dai primi anni del 1900, il Nicaragua si ricorda, tra le altre cose, per la figura del generale Augusto Cesar Sandino. Il grande rivoluzionario fu a capo, tra il 1927 e il 1933, della guerriglia contro il regime conservatore prima e contro l’occupazione degli USA che furono costretti alla ritirata, poi. Gli Stati Uniti continuarono a mantenere il controllo del paese attraverso l’appoggio politico ed economico al dittatore Anastasio Somoza Garcìa, il quale inaugurò l’inizio di una lunga e spietata dittatura familiare che durò quaranta anni (1936-1979). Il governo dittatoriale agevolò le classi ricche e favorì l’entrata di capitali stranieri nel paese. Nel 1970 Anastacio Somoza Debayle arrivava a possedere il 20% dei migliori terreni agricoli, e i contadini costretti a lavorare nelle grandi piantagioni ricevendo stipendi che non superavano il dollaro giornaliero. Il periodo della dittatura somozista rappresentò per la gran parte della popolazione nicaraguense un duro processo di impoverimento.
La vittoriosa rivoluzione sandinista del Frente de Liberaciòn Nacional, ispirata all’ideologia rivoluzionaria di Cesar Sandino, avvenuta nel 1979 rappresentò la fine del regime e l’inizio di un nuovo governo sotto una giunta provvisoria guidata da Daniel Ortega (all’epoca trentacinquenne) e che comprendeva Violeta Chamorro.
“Abbiamo vinto la guerra contro il somozismo. Adesso dobbiamo affrontare la guerra contro l’ignoranza ed il ritardo economico, la guerra per ricostruire il nostro paese”. Così parlava Ortega all’indomani del trionfo della rivoluzione. Il governo sandinista, durante gli anni in cui fu al potere, tentò di ribaltare il quadro economico neocoloniale, promuovendo una riforma agraria in grado si sostenere le iniziative cooperativistiche, interventi sociali, e soprattutto una dura lotta contro l’analfabetismo e la disastrosa situazione sanitaria.
Subito dopo il trionfo del Frente, i sandinisti iniziarono a sviluppare un’opera di integrazione delle comunità della Costa Atlantica (inglese), nell’ambito di un programma di sviluppo integrale del paese. Sul piano economico nazionalizzarono la maggior parte delle proprietà straniere ed incoraggiarono lo sviluppo dei progetti locali; riattivarono alcune miniere favorendo l’organizzazione dei lavoratori in associazioni sindacali.
Sin dal 1979, però, alcuni leader religiosi ed alcuni capi delle comunità indigene della Costa Atlantica iniziarono a manifestare una certa ostilità nei confronti del governo rivoluzionario di Managua. L’inizio delle contestazioni nacque in seguito all’espropriazione di taluni territori che la corona britannica aveva assegnato nei secoli precedenti ai Miskito (spagnolo, inglese). Nonostante i sandinisti avessero promosso, in favore dei popoli indigeni della costa, il progetto di riaffermazione dell’identità nazionale e la rivendicazione di una gestione autonoma del proprio destino, non avevano compreso a fondo la situazione socio-culturale di quest’area del paese. Tentarono così di applicare alla Costa Atlantica gli schemi degli interventi validi per la zona del Pacifico.
La Costa Atlantica presenta infatti delle caratteristiche diametralmente opposte alla Costa Pacifica del Nicaragua, per via del differente processo storico, politico, sociale ed economico che le ha caratterizzate. La Costa Atlantica ha subito la colonizzazione inglese che, a differenza di quella spagnola, è stata indirizzata a coinvolgere i popoli indigeni nelle attività economiche e politiche della Corona, mantenendo intatte le strutture interne dei miskitos. I contatti con commercianti, pirati e marinai provocarono nei miskitos profondi cambiamenti culturali. Nel 1786 gli inglesi cedettero il protettorato sulla Costa Atlantica agli spagnoli che non riuscirono però a rompere la resistenza indigena. E dopo l’ottenimento dell’indipendenza del Centro America dalla Spagna, i popoli indigeni della Costa caraibica ripresero i loro contatti con gli inglesi. Nel 1860 la corona inglese lasciò la regione, e il governo di Managua occupò la costa atlantica, in quell’azione nota come “reintegrazione”. Per i miskitos il governo nicaraguense rappresentava la continuazione del dominio coloniale spagnolo, e fu per questo che opposero resistenza alle truppe inviate. Questi fatti giustificano l’anti-ispanismo diffuso tra i popoli della Costa Atlantica, che fa ormai parte della cultura dei miskitos e che contribuisce alla definizione della loro identità.
La cattiva conoscenza di questo processo storico e culturale che caratterizzò i popoli indigeni, fece si che il governo sandinista non comprendesse le richieste dei leader delle comunità, e fece da sfondo alle brutali procedure attuate dal governo rivoluzionario contro la resistenza indigena, che venivano giustificate dalla dottrina statale socialista a cui i sandinisti si ispiravano. Il conflitto tra governo sandinista e miskitos si acuì nel momento in cui i sandinisti tentarono di estendere alla regione la politica economica del paese che difficilmente poteva accordarsi con la parzialmente autonoma economia di sussistenza degli indigeni. All’interno della comunità dei Miskitos ebbero la meglio le posizioni radicali che chiedevano l’autonomia e che accettavano una rottura con l’ala più dura dei sandinisti. L’associazione Misurasata, il cui leader era Fagoth, fu a capo del movimento separatista. Questa polarizzazione condusse i Miskitos a assumere posizioni sempre più estreme fino ad accettare il sostegno nordamericano. I Miskitos preferirono allearsi con chi avesse permesso loro di raggiungere gli obiettivi che si prefiggevano; del resto, per gli indigeni, tanto gli americani quanto i sandinisti erano “stranieri”. Il governo sandinista, però, vide la vicinanza agli americani da parte di alcune frange indigene come un tradimento della rivoluzione e della nazione. I violenti contrasti tra sandinisti e contras (miskitos separatisti che godevano dell’appoggio delle truppe statunitensi) furono combattuti sulle coste del Rio Coco (inglese), al confine tra Nicaragua e Honduras. Fu quello un terribile periodo di guerra, violenza, torture, incendi, che ha lasciato un solco profondo nella memoria del popolo della Costa Atlantica. Nel 1987 il progetto di autonomia della Costa Atlantica del Nord fu integrato dal parlamento nella nuova costituzione, e il Nicaragua veniva riconosciuto come una nazione “indivisibile” e “multi-etnica”.
Nel 1990 i sandinisti furono battuti alle elezioni dal governo neoliberale di Violeta Chamorro (spagnolo, inglese). Si trattò di un governo pseudo-democratico, che si concluse con un bilancio del tutto negativo: depressione economica, disuguaglianze sociali, crisi istituzionali, divisione dei partiti politici. Seguì il governo di Alemàn (spagnolo, inglese), fino alla vittoria elettorale, nel 2001, del ricco industriale Bolaños (spagnolo, inglese). Un susseguirsi di governi che, in nome della democrazia e del neoliberismo economico, attuarono una politica corrotta all’insegna dell’ulteriore impoverimento della popolazione già povera. Il governo del Nicaragua è attualmente presieduto dal leader sandinista Daniel Ortega (spagnolo, inglese) che, dopo sedici anni di governo conservatore, ha vinto le elezioni nel 2006.
LE REGIONI AUTONOME DELLA COSTA ATLANTICA
Le regioni autonome della Costa Atlantica (RAAN - spagnolo, inglese - e RAAS - spagnolo, inglese) si caratterizzano per la loro diversità rispetto al resto del paese. Sin dall’arrivo degli europei, e soprattutto a partire dalla metà del secolo XIX, con l’entrata nel territorio della Chiesa Morava (inglese), la mappa che indica la distribuzione della popolazione indigena della costa caraibica registra l’esistenza di gruppi familiari organizzati in insediamenti temporali lungo il litorale, lungo le rive dei principali fiumi e nella parte interna montagnosa. La maggior parte della popolazione si è stanziata lungo il litorale e le rive dei fiumi che sboccano nel mar dei caraibi (tra cui il Rio Coco - inglese - ). Il paesaggio socio-etnico e culturale è formato da tre tipi di comunità: comunità indigene Sumu/Mayangnas (inglese), Miskito (spagnolo, inglese) e Rama (inglese); comunità afro-discendenti - creoli e garifoni (spagnolo, inglese) - comunità meticce (nota 1), e comunità multietniche nelle quali convivono differenti comunità indigene, risultato della storia economica, sociale, culturale, religiosa e politica, regionale e nazionale. Non solo il Nicaragua dunque è multi-etnico, ma lo è anche la stessa regione autonoma; da qui la necessità di costruire uno stato che riconosca le diversità e di fortificare l’identità culturale della Costa. Nelle due Regioni Autonome il dibattito sul multiculturalismo e sul riconoscimento e il rispetto delle differenze è molto forte.
Più di mezzo milione di abitanti delle Regioni Autonome sono meticci per la loro memoria storica, per le relazioni sociali che hanno intessuto, per lingua e cultura. Si assiste ad una progressiva riduzione della popolazione indigena, afro-discendente, e delle comunità etniche che si definiscono “popoli della costa”, a causa dell'insediamento di immigranti meticci, provenienti dal nord-ovest del paese, verificatosi negli ultimi quindici anni. I popoli indigeni e quelli afro-caraibici si costituiscono come gruppi minoritari in entrambe le regioni.
Attualmente i popoli indigeni e le comunità afro-caraibiche sono impegnate in un processo di ri-legittimazione delle autorità e della struttura di potere e di governo comunale; essi rivendicano i poteri tradizionali comunali e territoriali come propri organi di potere e di governo. Questi processi hanno potenziato la costruzione di un capitale sociale istituzionale a partire dagli spazi basilari del potere locale: quello comunitario e quello dei territori indigeni.
Per quel che riguarda l’economia, l’assenza di politiche coerenti per la promozione dello sviluppo di attività produttive e le basse condizioni di produttività della regione autonoma ostacolano l’autonomia della Costa Caraibica nell’approviggionamento dei beni principali. I maggiori centri urbani, tra cui Puerto Cabezas (spagnolo, inglese) (Bilwi, in lingua indigena) presentano un livello di sviluppo umano molto basso e per l’isolamento nel quale si trovano rispetto al resto del paese, e per il flusso degli immigranti che sono giunti negli ultimi anni, a cui non ha corrisposto una infrastruttura urbana sufficientemente sviluppata. Le città e i villaggi sono scarsamente collegati tra di loro: ad esempio per raggiungere Puerto Cabezas (spagnolo, inglese) da Siuna (inglese), e quindi percorrere 200 km, occorrono dalle sei alle undici ore. Questa inefficienza dei collegamenti tra i centri urbani incide profondamente sul commercio e rallenta le attività produttive locali, rendendo difficoltoso l’approviggionamento dei prodotti di prima necessità. Puerto Cabezas (spagnolo, inglese) è uno dei municipi in cui è sviluppata l’attività della pesca, che potrebbe rappresentare un fattore importante di sviluppo economico e produttivo, se non fosse che l’infrastruttura di appoggio collegata agli altri moli è deficiente e, per quel che riguarda la pesca artigianale, le imbarcazioni hanno difficoltà ad attraccare, limitando così le operazioni di carico e di scarico. A parte la pesca, il 30% della popolazione della Costa vive di agricoltura, la quale costituisce una delle fonti dei principali guadagni. Tra le altre attività, necessarie per la sopravvivenza, emergono, ad esempio, i lavori domestici, attività di meccanica, carpenteria, costruzione, elettricità, commercio e lavorazione del legno.
La principale attività dei Miskito (spagnolo, inglese) è l’agricoltura; i Sumu/Mayangnas (inglese) e i meticci della costa svolgono attività diversificate (agricoltura, commercio, servizi). In linea generale risulta che le fonti occupazionali e di guadagno dei popoli non meticci della Costa sono fragili e vulnerabili e assolutamente dipendenti dalle risorse naturali, dalle condizioni climatiche, ambientali, commerciali e di accesso ai mercati per la produzione agricola e peschiera. Negli ultimi tempi sono diminuite le attività minerarie come fonte di lavoro e guadagno per la maggior parte degli abitanti della Costa. I guadagni delle grandi imprese che lavorano nel settore minerario sono inversamente proporzionali ai benefici e al miglioramento della qualità della vita dei popoli che vivono in questa zona. I prodotti del mercato delle Regioni Autonome non vengono promossi né nel resto del Nicaragua, né in Centro America. Inoltre, dal momento che non esistono grandi distributori, tutti i prodotti di commercio si importano dalla Costa Pacifica. Il basso dinamismo dei mercati non stimola lo sviluppo di un sistema finanziario di appoggio alla produzione. Per quel che riguarda la terra, nelle Regioni Autonome mancano le condizioni legali che assicurino il suo mantenimento. La popolazione meticcia chiede accesso alla terra per la produzione, e i popoli indigeni e afro-caraibici vedono minacciato il loro diritto a possedere la terra per la mancanza di una regolazione delle terre comunali. Il costo della vita nelle Regioni Autonome è 15-20% superiore rispetto a quello nel resto del paese. Molti prodotti arrivano a costare 2/3 volte di più che nelle città della Costa Pacifica, e questo probabilmente è dovuto ai costi del trasporto di queste merci dalla zona pacifica a quella atlantica.
Rio Laya Siksa
Karata
Puerto Cabezas
Rio Wawa
Mercato di Karata
Foto: Pino De Seta
PUERTO CABEZAS (BILWI)
Puerto Cabezas (spagnolo, inglese), o Bilwi (inglese) in lingua indigena, è una cittadina di 48.709 abitanti (dati UNPD 2005). Quello che la caratterizza, tra le altre cose, è la terra rossastra delle strade che sono prive di asfalto. E’ inserita all’interno di una vegetazione tropicale, e il clima è caldo-umido. Puerto Cabezas non ha vie principali e le vie non hanno nomi. Ci si orienta con i punti di riferimento. Le case sono costruite in legno e rialzate da terra a mo’ di palafitte.
Puerto Cabezas
Puerto Cabezas
Bilwi è una cittadina abbastanza trafficata; le vie sono percorse da numerosi taxi, e pare che acquistare una macchina per il trasporto pubblico sia, per gli abitanti che se lo possono permettere, un vero e proprio investimento. Durante il giorno la cittadina pullula di attività. La gente va in giro a piedi o in bicicletta e affolla strade, negozietti, semplici “comedor” dove si servono pasti a menù fisso. La sera, invece, le strade di Puerto si svuotano; la luce è scarsa e alcuni vicoli servono spesso da scenario ad attività poco raccomandabili. Puerto Cabezas è uno dei principali centri di smistamento della droga che viene trasportata a Managua (spagnolo, inglese) e di lì al resto del Centro America e agli Stati Uniti.
Che Puerto Cabezas sia una realtà povera lo si capisce immediatamente una volta fuori dall’aereoporto: bambini scalzi cercano di venderti qualsiasi cosa e si gettano sulle valigie per impossessarsi dell’elastico delle targhette di riconoscimento con le quali giocano. Anziani chiedono l’elemosina, mentre automobili sgangherate sfrecciano alla ricerca di persone che necessitano un passaggio, lasciando dietro sé grandi nubi di polverone rosso.
Nelle strade di Bilwi vi sono numerose fogne a cielo aperto; qui le condizioni igieniche lasciano a desiderare. L’acqua difficilmente, anzi raramente, esce dai rubinetti, e ci si deve arrangiare con quella attinta dai pozzi.
La popolazione di Puerto Cabezas è multi-etnica: Miskito (spagnolo, inglese) (etnia indigena), meticci e creoli(nota 1) convivono tutti insieme. Qui le differenze economiche tra le famiglie sono meno nette rispetto a Managua; tutti, chi più chi meno, vivono in condizioni di stenti e precarietà, e chi ha la fortuna di lavorare guadagna troppo poco per poter vivere serenamente.
Visitando Puerto Cabezas è facile provare un senso di isolamento rispetto al resto del mondo, ed effettivamente la condizione di isolamento è uno dei disagi principali che lamentano gli abitanti del luogo. Essi dichiarano di sentirsi esclusi dal resto del paese e del mondo, e per lo scarso interesse che il governo nazionale ha sempre nutrito nei loro confronti, e per la difficoltà di comunicare con le altre città del Nicaragua ancora più distanti per la mancanza di mezzi di trasporto e di comunicazione efficienti.
A Puerto Cabezas solo le famiglie meno povere possono permettersi la televisione e, normalmente, sono le stesse famiglie che possono mantenere i figli all’università. La tv, spesso presente anche in alcuni “comedor” della cittadina, trasmette prevalentemente programmi messicani o statunitensi (soprattutto telenovelas e programmi di musica), diffondendo il modello culturale occidentale. La distanza tra le immagini proiettate in tv e la realtà circostante è paurosamente enorme: da un lato grandi città lussureggianti, piscine, donne-modelle, vestiti alla moda, storie d’amore intriganti, video musicali che stimolano l’immaginario; dall’altro case di legno, strade polverose, mendicanti, storie familiari fatte di tristi abbandoni e solitudine. E poi ragazzi e ragazze immobili davanti alla tv che sperano di andare via da Puerto un giorno non troppo lontano.
Parlando con alcuni rappresentanti del Consiglio degli anziani, organo politico Miskito (spagnolo, inglese), emerge che per loro, fortemente attaccati alle tradizioni indigene, la televisione è un organo fondamentale attraverso il quale potersi rendere conto di ciò che succede nel mondo.
A Puerto Cabezas è difficile che vi siano dei telefoni fissi nelle case della gente. Molti abitanti, gran parte giovani, possiedono il telefono cellulare. Questo è un dato significativo che sta ad indicare due cose: una è che mantenere il cellulare a Puerto costa molto meno che mantenere una linea telefonica fissa; l’altra è che il mercato globale della telefonia e delle telecomunicazioni ha trovato anche in questa area un terreno fertile, facendo leva sulla necessità che ha la gente di accedere facilmente alla comunicazione, e sul fatto che il modello di consumo occidentale in Nicaragua non ha alcuna difficoltà ad imporsi. Per comunicare gli abitanti di Bilwi utilizzano anche Internet. Nella cittadina sono presenti alcuni cyber cafè, frequentati per lo più da giovani.
Per quel che riguarda il sistema educativo, a Puerto vi sono scuole e ben due Università. Le strutture non sono in ottime condizioni, ma funzionano piuttosto bene. Tutti i bambini indossano le stesse uniformi, obbligatorie per chi va a scuola.
Le Chiese morava e cattolica hanno da sempre avuto una forte influenza sulla società di Bilwi. Molte attività ruotano intorno alle strutture religiose e i costumi e la morale della gente spesso vengono “indirizzate” dalla Chiesa.
Le attività commerciali di Puerto sono rappresentate da piccoli negozietti dove si vende di tutto un po’ e da bancarelle sparse per le strade. Le merci sono piuttosto care per gli abitanti, e persino l’acqua costa quasi più della coca-cola. La zona di maggiore traffico commerciale è il molo. Il pesce viene trattato a Bilwi e successivamente spedito nel resto del paese e all’estero.
Il sistema sanitario di Puerto Cabezas è poco efficiente; sono molte le persone che hanno difficoltà a curarsi e per la mancanza di medici e di adeguate strutture, e per il costo elevato dei medicinali.
A Bilwi è facile morire di malattie.
Puerto Cabezas
Puerto Cabezas
Puerto Cabezas
Puerto Cabezas
Puerto Cabezas
LE COMUNITÀ DEL RIO COCO
Il Rio Coco (inglese) è uno dei principali fiumi del Nicaragua e divide quest’ultimo dall’Honduras. Dal punto di vista naturalistico è un paesaggio assolutamente straordinario. Lungo il Rio Coco si estende la Mosquitia, la terra dei miskitos, i popoli indigeni che abitano questa zona. In passato essa era compresa tra le coste dell’Honduras e quelle del Nicaragua; oggi la Mosquitia si è visibilmente ridotta soprattutto a causa del processo di emigrazione verso le parti interne della Regione Autonoma.
Rio Coco
Per giungere alle comunità indigene del Rio Coco si parte da Waspam (inglese). Il viaggio attraverso le acque del fiume è costoso (gli abitanti delle comunità si spostano lungo il fiume su imbarcazioni a remi) e avviene per mezzo di una barca a motore dal fondo piatto (“panga”). Durante il tragitto è facile avvistare piccoli coccodrilli e uccelli particolari, ed ammirare la bellezza millenaria della flora locale. Il Rio Coco è molto trafficato; dalle comunità indigene si parte spesso per vendere riso, fagioli o banane a Waspam, e il trasporto avviene su piccole imbarcazioni di legno spinte a remi.
Rio Coco
Giungere in una delle comunità indigene del Rio Coco è una esperienza assolutamente straordinaria. Qui la gente sembra essere ferma ad un tempo remoto. Le case sono delle palafitte di legno sparse su prati verdi; sotto di esse vivono, tutti insieme, animali di ogni genere: mucche, pecore, cavalli, cani, tacchini, galline, galli, pulcini, maiali.
La luce non è presente in tutte le case e a San Carlos (una delle comunità) un paio di abitazioni sono illuminate per poche ore attraverso un piccolo impianto solare. La gente vive di ciò che autoproduce: riso, fagioli, banane. La vita qui scorre lentamente in attività semplici, quotidiane. Vivere insieme, compartire spazi e beni comuni è alla base della vita sociale, e riunirsi per parlare, raccontarsi e raccontare è un momento fondamentale della vita comunitaria.
È rarissimo vedere una tv dentro queste palafitte e quando ne vedi una rimani perplesso: è un oggetto che proviene da un altro pianeta. Nelle comunità le tecnologie globalizzate non sono riuscite a penetrare. Si vive semplicemente e l’unico vero mezzo di comunicazione fondamentale per i miskitos è la radio. Essa funziona un paio d’ore al giorno; trasmette notizie su ciò che accade nelle altre comunità, messaggi (sostituisce il telefono) e musica miskita. In un certo senso la radio rappresenta lo strumento di mantenimento della cultura di tipo orale, caratteristica dei popoli indigeni.
Comunità sul Rio Coco
Il problema delle comunità è l’isolamento rispetto alla parte interna della regione. Le poche comunicazioni che esistono sono molto costose e mandare a scuola i bambini che vivono nella parte più interna delle comunità diventa praticamente impossibile.
Anche nelle comunità indigene vi sono la scuola e la Chiesa. Per quel che riguarda la prima, non funziona a dovere poiché gli insegnanti non sempre riescono a raggiungere il luogo di insegnamento. La Chiesa, invece, è un centro di aggregazione e un punto di riferimento fondamentale per gli abitanti. La fede, qui, è molto forte e le pratiche religiose scandiscono la vita quotidiana dei miskitos.
L’attività commerciale è praticamente inesistente; si coltivano terre comuni per l’auto-consumo e il denaro non circola quasi per nulla. Il Consiglio degli Anziani è l’organo politico e giuridico delle comunità; esso regola l’ordine e la vita comunitaria, detta leggi e ha potere giuridico. Inoltre è responsabile dell’educazione dei bambini e dei giovani ai quali, attraverso il racconto, tramanda la cultura millenaria miskita.
Nelle comunità la gente è gelosa custode della propria cultura e della propria identità. Nella memoria della gente è forte il ricordo della guerra combattuta lungo le coste del Rio Coco tra sandinisti (spagnolo, inglese) e contras (spagnolo, inglese), una ferita ancora aperta.
La gente che vive nelle comunità lungo il fiume è molto povera; questa povertà, tuttavia, è assolutamente dignitosa e rende ogni persona uguale all’altra. A differenza di Puerto Cabezas, in cui la povertà si aggiunge alla miseria della droga e della prostituzione e viene accentuata dal contatto forte con il mondo ricco occidentale, qui anche la povertà sembra far parte di un mondo a parte, di un altro mondo.
Comunità sul Rio Coco
Comunità di Humbra
Comunità sul Rio Coco
Rio Coco
Rio Coco
Comunità sul Rio Coco
Nota 1: I creoli sono propriamente i discendenti degli europei che sono nati in Nicaragua. I meticci sono i nati dall'incontro tra gli europei e i popoli indigeni che abitavano la costa.